Alberto Burri, Sacco e Rosso , 1954. Londra, Tate Gallery. Ciò che colpisce immediatamente vedendo l’opera è la qualità “povera” e umile dei sacchi, la quale materia ci suggerisce una profonda storia vissuta. Storia che sembra narrare gli sforzi, i lavori umili, le miserie e i dolori. I sacchi (perimetro con puntini neri, riportato in foto) che egli incolla sulla tela compongono un insieme plastico che si stacca nettamente dal piano rosso. Ciò avviene sia per la qualità tattile data dalla trama dei sacchi, sia per la sovrapposizione di più strati di juta (cerchio verdi, riportato in foto), sia per le lacerazioni e gli strappi che creano dei rilievi molto evidenti (cerchio blu, riportato in foto). L’operazione che compie Burri ha ovviamente dei precedenti. Picasso e Braque furono i primi, durante il periodo del cubismo analitico, ad inserire dei semplici oggetti dell’esperienza quotidiana nei loro quadri. Ma l’operazione di Burri è ben più estrema, e dà un senso del